Com’è morta Claretta Petacci

Clara Petacci fu arrestata il 25 luglio 1943, alla caduta del regime fascista, per essere poi liberata l’8 settembre, quando venne annunciata la firma dell’armistizio di Cassibile. Tutta la famiglia abbandonò Roma e si trasferì nel Nord Italia controllato ancora dalle forze tedesche, e dove poi si instaurò la Repubblica Sociale Italiana. Clara si trasferì in una villa a Gardone, non lontano dalla residenza di Mussolini e dalla sede del governo repubblicano a Salò costantemente sorvegliata dal tenente delle SS Franz Spögler.

In questo periodo ebbe un fitto rapporto epistolare con Mussolini e nonostante il parere contrario del Duce conservò tutte le missive: in una di queste chiese che, al processo di Verona, Galeazzo Ciano fosse condannato a morte in quanto “traditore, vile, sudicio, interessato e falso”, esprimendo quindi una posizione durissima (valevole anche per Edda Mussolini, “sua degna compare”) che venne definita dallo storico Emilio Gentile di “rigore nazista”.

Trasferitisi a Milano a seguito dell’abbandono della riviera gardesana da parte del Duce, poco dopo la metà di aprile del 1945, il 23 aprile i Petacci – salvo Clara e il fratello Marcello, che rimasero nel capoluogo lombardo – si misero in salvo in aereo, giungendo a Barcellona dopo un avventuroso volo durato quattro ore. Il 25 aprile, sia Clara sia Marcello si allontanarono da Milano assieme alla lunga colonna di gerarchi fascisti in fuga verso Como, Marcello tentando di riparare in Svizzera con false credenziali da diplomatico spagnolo. Il 27 aprile 1945, durante l’estremo tentativo di Mussolini di sottrarsi alla cattura, Clara fu bloccata a Dongo da una formazione della 52ª Brigata Garibaldi partigiana, che intercettò la colonna di automezzi tedeschi con i quali il viaggiava Mussolini. Taluni affermano che le sia stata offerta una via di scampo, da lei ricusata decisamente: avrebbe potuto fuggire in Spagna con i suoi familiari in aereo.

Il giorno seguente, 28 aprile, dopo il trasferimento a Bonzanigo di Mezzegra, sul lago di Como, Mussolini e la Petacci, che aveva 33 anni, furono fucilati dai partigiani, secondo la versione diffusa a Giulino di Mezzegra, sebbene su Clara non pendesse alcuna condanna. La versione ufficiale, e anche alcune versioni alternative, affermano che venne uccisa perché si frappose tra Mussolini e gli esecutori della sentenza, oppure perché testimone scomoda.

Nella stessa giornata anche il fratello di Clara, Marcello Petacci, fu ucciso a Dongo dai partigiani, insieme ad altre quindici persone complici della fuga di Mussolini.

Il giorno successivo, il 29 aprile, attorno alle ore 14 in piazzale Loreto, a Milano, i corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci (assieme a quelli delle persone fucilate a Dongo il giorno prima e a quello di Achille Starace, casualmente catturato a Milano e giustiziato direttamente in Piazzale Loreto poco prima), vennero appesi per i piedi alla pensilina del distributore della Esso, per sottrarli da ulteriori oltraggi che la folla stava riservando ai cadaveri dei gerarchi fascisti. Il luogo in cui vennero portati fu scelto per vendicare simbolicamente la strage di quindici partigiani e antifascisti, messi a morte per rappresaglia in quello stesso luogo il 10 agosto 1944.

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