Com’è morto Keith Haring

La metà degli anni 1980 conobbe l’esplosione della sindrome da immunodeficienza acquisita, meglio conosciuta con la sigla di AIDS; il sesso, senza le adeguate precauzioni, era ormai divenuto un’attività letale. Keith Haring era ben consapevole della pericolosità del virus, che aveva già annientato diversi suoi amici:

Non smisi di fare sesso, ma stavolta lo praticavo in maniera sicura (o, perlomeno, in una maniera considerata sicura in quel tempo). Ciò malgrado, nel 1985 l’AIDS aveva cambiato New York.

Haring, in effetti, in questo periodo si dimostrò assai sensibile al tema dell’AIDS, trasposto in diverse sue opere animate da un impulso deterrente, così da tentare di salvare vite umane; notevole, in tal senso, il dipinto AIDS, eseguito nel 1985. Ciò, tuttavia, non bastò per Haring, che alla fine contrasse ugualmente il virus; l’artista aveva comunque già da tempo accolto l’eventualità di risultare positivo, avendo affermato di «camminare sulla linea molto sottile che divide la vita dalla morte» per via della «promiscuità presente in ogni angolo di New York».

La salute di Haring si fece via via sempre più malandata, fino a quando gli fu persino impossibile dipingere. L’ultima opera pubblica che eseguì fu Tuttomondo, sulla parete esterna del convento di Sant’Antonio a Pisa; si tratta dell’ultimo inno alla vita di Haring, e di uno dei «progetti più importanti che abbia mai fatto». Malgrado la salute declinante, inoltre, Haring fondò la Keith Haring Foundation, che si propone di continuare la sua opera di sostegno alle organizzazioni a favore dei bambini e della lotta contro l’AIDS.

Keith Haring, infine, morì il 16 febbraio 1990 a New York a causa delle complicanze legate all’AIDS: aveva solo trentuno anni.

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